Incapacità della donna di riprodursi.
La donna attraverso il periodo di massima fertilità fino a 23 anni; esso decresce fino ai 30 anni, un po' più rapidamente dai 30 ai 35 anni e molto rapidamente dai 35 ai 40 anni.
Oltre ai fattori fisiologici (menopausa), i fattori che conducono una donna alla sterilità possono essere molteplici. Tra questi, l'occlusione delle salpingi (o tube, le strutture che collegano l'ovaio all'utero) che può provocare sterilità transitoria o permanente è particolarmente frequente. Altre cause possono essere: le malformazioni della vulva (la parte esterna dell'organo sessuale femminile), della vagina, dell'utero, i difetti di sviluppo e di posizione dell'utero. Tra tali condizioni è particolarmente frequente l'endometriosi. Possono anche essere presenti alterazioni delle ovaie, sia per una mancata ovulazione sia per un'alterata recettività dell'endometrio (la parete interna dell'utero) rispetto all'uovo. Inoltre, possono essere presenti disturbi endocrini (per esempio, dell'ipofisi, della tiroide, delle ghiandole surrenali), insufficienze alimentari (con ridotta assunzione di vitamina E), intossicazioni.
Come si attesta che una donna è sterile?
Anzitutto si eseguono l'anamnesi (raccolta delle informazioni sanitarie personali e familiari, in questo caso particolarmente mirata agli aspetti riguardanti il ciclo mestruale) e la visita ginecologica (indirizzata particolarmente ad accertare manualmente la posizione, il volume dell'utero e la sua regolarità, accertare se lo spostamento manuale provoca dolore o meno e con lo speculum accertare visivamente le condizioni del collo uterino per individuare la presenza di eventuali "piaghette", polipi ecc.).
Gli esami ecografici (ecografia pelvica) forniscono informazioni molto utili, in quanto evidenziano l'eventuale presenza di problemi alle ovaie e/o all'utero, la presenza di polipi, miomi ecc..
Altri esami utili sono la l'isterosalpingografia, la laparoscopia, la falloppioscopia, i dosaggi ormonali, il monitoraggio dell'ovulazione, il post coital test, il tampone vaginale e del muco cervicale (pap-test).
In particolare, la laparoscopia consente di valutare la presenza di endometriosi (malattia caratterizzata dalla presenza e dallo sviluppo di regioni anomale nella parete interna dell'utero), di aderenze o di altre condizioni che causano sterilità. Si esegue in anestesia generale: attraverso una piccola incisione dentro l'ombelico si inserisce una sonda ottica che consente di osservare tutti gli organi pelvici (cioè presenti nella zona del bacino). La laparoscopia può comportare, anche se ciò è poco frequente, complicanze come la lesione di un grosso vaso arterioso, piccole lesioni intestinali, dolori addominali, comunque complicanze di facile e rapida risoluzione che non lasciano conseguenze spiacevoli. La laparoscopia richiede un breve ricovero che può variare da alcune ore a due giorni.
Talvolta, nella donna può aversi una sterilità secondaria, così definita perché insorge successivamente ad una gravidanza portata a termine con parto spontaneo o taglio cesareo oppure "terminata" con un aborto spontaneo o provocato. Generalmente, tale sterilità è legata a problemi di natura meccanica insorti inspiegabilmente in occasione della precedente gravidanza. Anche in questo caso la donna dovrà sottoporsi a esami di laboratorio e principalmente all'isterosalpingografia per diagnosticare eventuali blocchi meccanici o infiammatori delle tube. In seguito ad ulteriori accertamenti (come monitoraggio dell'ovulazione, ecc.) comprensivi dell'esame del liquido seminale del coniuge.
Si consiglia visita ginecologica.
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