Tecnica terapeutica che consente di riportare nella loro sede naturale i frammenti di un osso rotto.
Le fratture (rotture di ossa) possono essere classificate in vario modo.
In base all'origine, si distinguono: 1) fratture traumatiche, cioè provocate da un fattore esterno violento che causa la rottura di un osso sano; 2) fratture patologiche, quando sono provocate da un trauma di lieve entità, che normalmente non sarebbe sufficiente a causarne la rottura e che agisce su un osso già indebolito da una malattia come un tumore, un'osteomielite (infiammazione del tessuto di cui sono fatte le ossa ), ecc.; 3) fratture da fatica, che si rivelano la conseguenza di microtraumi (piccoli colpi, ammaccature, botte, ecc.) ripetuti nel tempo su un osso sano, come avviene nel caso della frattura del metatarso (pianta del piede) che colpisce i maratoneti. In particolare, si parla di frattura scomposta o composta a seconda che si abbia o meno lo spostamento dei frammenti dell'osso e di frattura esposta allorché l'osso viene a contatto con l'esterno (con grave rischio di infezione).
Quando la pelle è intatta e non si riscontrano monconi ossei sporgenti la frattura è detta chiusa, a differenza di quanto accade nel caso di fratture aperte o esposte in cui vi è lacerazione.
Come ci si comporta in caso di una frattura chiusa? Anzitutto bisogna steccare la parte lesa. La stecca spesso ha la forma di una bacchetta e può essere di vario materiale (legno, metallo, plastica, gesso, alluminio), per lo più imbottito di ovatta (bendaggio steccato). Bisogna, inoltre, cercare di muovere il soggetto salvo che non vi sia pericolo imminente e, se la zona colpita è l'avambraccio, applicare oltre alla stecca un sostegno (fascia collo-braccio).
Il trattamento successivo sarà stabilito dall'ortopedico. Generalmente, per la terapia delle fratture chiuse è sufficiente l'ingessatura.
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