Processo infettivo a carico del fegato.
I bambini nati da madri portatrici del virus dell'epatite B corrono particolarmente il rischio di contrarre la malattia.
Nella maggior parte dei casi il contagio non avviene quando il bambino è ancora in grembo alla madre, allorché la placenta esercita un'azione protettiva, ma quando costei sta per partorire. Durante il parto, infatti, il bambino è esposto al sangue ed al liquido vaginale della madre, nei quali è contenuto il virus. Successivamente, ogni qualvolta viene a contatto con la saliva e con il sangue della madre e, in caso di allattamento, con il latte materno, il bambino è esposto al pericolo di infezione da parte del virus.
Per la protezione di tali neonati si esercita la prevenzione, attraverso la somministrazione di immunoglobuline (che sono delle proteine con funzione di anticorpi) e la vaccinazione contro l'epatite B.
Poiché si può essere infetti anche senza saperlo, è bene che, in caso di gravidanza, la donna esegua un test per l'epatite B; infatti, in caso di risposta positiva, il bambino potrà essere vaccinato e, nella maggior parte dei casi, protetto contro il virus, per una durata di almeno cinque anni.
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