Visita medica di controllo eseguita dal neurologo (specialista del sistema nervoso) per valutare l'adeguatezza della terapia scelta per curare i disturbi legati all'epilessia.
L'epilessia è una malattia del sistema che può manifestarsi in forme diverse, ma che danno tutte origine alla scarica epilettica, cioè un'alterata regolazione di scarica di energia dentro il cervello.
La manifestazione epilettica più diffusa è l'attacco epilettico generalizzato che insorge senza alcun segno premonitore; il soggetto emette un grido e comincia a ruotare il capo verso un lato, cade a terra in piena incoscienza. Il tronco e gli arti s'irrigidiscono, la respirazione è interrotta per la contrattura dei muscoli del torace, il viso diventa cianotico, le pupille si dilatano. Inoltre, la lingua e le labbra possono rimanere imprigionati fra i denti. Dopo qualche minuto, a volte ore, il soggetto riprende conoscenza e fa fatica a ricordare cosa sia successo.
Per la terapia si utilizzano farmaci (antiepilettici o anticonvulsivi) che sono sostanze che controllano la tendenza delle cellule nervose a produrre le scariche ripetitive ad alta frequenza che sono alla base della crisi epilettica. Agiscono regolando il passaggio degli ioni (sodio, potassio, calcio, cloro) attraverso la membrana delle cellule nervose (neuroni), controllando la composizione dei fluidi che circondano le cellule nervose o disciplinando gli impulsi eccitatori e inibitori che regolano l'attività dei neuroni.
Esistono diversi farmaci che consentono di controllare i disturbi legati all'epilessia.
L'uso di un solo farmaco (monoterapia) per controllare le crisi è sicuramente la condizione ideale, poiché si ha la certezza che quel farmaco è efficiente, si deve controllare una sola serie di effetti collaterali e non vi è il problema degli influssi reciproci che i farmaci esercitano fra di loro. Tuttavia, nelle cosiddette epilessie farmaco-resistenti (che non rispondono positivamente al trattamento con un solo farmaco) spesso si rende necessario associare due o più farmaci (politerapia), avendo cura che essi abbiano meccanismi d'azione differenti e non possiedano effetti collaterali simili.
La terapia va proseguita con regolarità, rispettando gli orari di assunzione e soprattutto le dosi consigliate dal medico.
I controlli clinici e di laboratorio sono eseguiti per verificare l'efficacia del trattamento e, soprattutto, l'inesistenza di effetti collaterali "pericolosi". Frequenti in fase di avvio, tali controlli diverranno sempre più rari.
L'elettroencefalogramma (registrazione dell'attività elettrica del cervello), importante in fase di avvio per classificare le crisi e identificare il farmaco più indicato, diventa meno utile ed è eseguito un controllo a lunghi intervalli.
Si eseguono esami del sangue per verificare che l'assunzione e l'assorbimento del farmaco siano corretti. Tali esami, però, sono poco utili per stabilire la dose di farmaco da utilizzare per il mantenimento, che deve essere valutata in base alla risposta clinica del paziente. Inoltre, essi diventano importanti in presenza di altre malattie, come i disturbi gastroenterici (vomito e diarrea), che possono compromettere l'assorbimento del farmaco.
Quando il primo farmaco fallisce ad una dose intermedia, bisogna raggiungere la dose massima tollerata, e se non vi è neppure in questo caso una risposta clinica soddisfacente, bisogna usare un secondo farmaco.
Si può sospendere lentamente il primo mentre s'inserisce il secondo, oppure optare subito per una biterapia (cioè un trattamento che associa due farmaci diversi). La scelta fra una nuova monoterapia o una biterapia dipende dal giudizio del medico. In generale è preferibile verificare la risposta ad almeno altri due farmaci in monoterapia, prima di ricorrere alle associazioni o, se possibile, valutare la possibilità di "risolvere" il "problema epilessia" attraverso un intervento chirurgico.
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