Quando l'amniocentesi è eseguita dopo il terzo mese si parla di amniocentesi tardiva. L'amniocentesi è una tecnica di diagnosi prenatale. Consiste in una puntura eseguita, in regime di anestesia locale e con un ago molto sottile, attraverso cavità addominale ed utero fino a raggiungere l'amnios, il sacco che contiene il feto. Lo scopo è prelevare un campione di liquido amniotico (il liquido che avvolge il feto), che sarà analizzato in laboratorio. Di solito, l'amniocentesi è eseguita tra la tredicesima e la diciottesima settimana di gestazione (amniocentesi precoce) nell'ambito del consulto genetico prestato a genitori portatori di sospette anomalie ereditarie, quando la madre ha un'età tale da esporre il feto al rischio di anomalie genetiche o quando costei è stata esposta a sostanze che potrebbero danneggiare seriamente lo sviluppo del feto. In tal modo, è possibile attestare la presenza di numerose ed importanti malattie eventualmente presenti a carico del nascituro (circa il 75% delle malattie congenite) o di identificarne il sesso. L'amniocentesi tradiva, invece, è eseguita dopo la ventesima settimana di gravidanza, in genere dopo la 26a-28a settimana, per determinare nel liquido amniotico la concentrazione della bilirubina (indice di eritroblastosi fetale, che è una particolare anemia emolitica che può colpire un neonato al momento della nascita e che si manifesta in caso d'incompatibilità del gruppo Rh fra il sangue materno e quello fetale e, in particolare, quando la madre è Rh negativa, il padre è Rh positivo e il feto anch'esso Rh positivo) e (anche se attualmente ciò è eseguito di rado) del cortisolo (indice di immaturità polmonare), della creatinina (indice di immaturità correlato alla funzionalità renale e alla massa muscolare del feto).